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IVA incompresa, parte dell’arte e draghi della cultura. Stiamo lavorando per Poi

imageIVA incompresa, parte dell’arte e draghi della cultura. Stiamo lavorando per Poi

di Francesco Cascino

Roma, 19 Febbraio 2021

Mentre Draghi centra il suo discorso sulla cultura, valore vitale che molti reputano astratto; mentre il Premier, proprio perché coltissimo, già lavora sui temi concreti; mentre i suoi uomini di fiducia sono già in trincea; mentre media e politicanti si accapigliano per un’intervista su Radio Marte, uno 0,02 di share e un tozzo di voti, l’arte di massimo livello, per esempio la prima grande asta sull’eredità di Christo e Jeanne Claude, va a gonfie vele. Milioni di euro che passano di mano in mano lasciando altrettanti milioni di euro in mano sia ai cittadini, per via della tassazione, sia a chi lavora sul serio, dai trasportatori ai falegnami, dai vetrai agli allestitori. Cose semplici da capire se non si è troppo distanti dall’autenticità dei fatti della vita, e si è invece distanti dal telecomando.

Soprattutto l’arte è al centro delle politiche fiscali, strategiche e culturali dei Paesi dove l’elettorato prima, e la classe dirigente poi, sono preparati ed evoluti. La Germania, che dai tempi di Kohl commissionava l’impacchettamento del Parlamento proprio a Christo, con i parlamentari chiusi dentro, a simboleggiare la radice comune e inscindibile tra arte e vera politica (immagine sopra, altre operAzioni pubbliche qui), in settimana ha stanziato un altro miliardo di euro per arte e cultura, e lo ha annunciato per bocca dei massimi protagonisti, tanto per garantire investitori e operatori di tutto il mondo: la Premier e la Ministra della Cultura. Badate bene che non sono meri rimborsi come richiedono gli italiani, assistiti cronici addetti allo spettacolo, ma strumentazioni legislative e fiscali, e agevolazioni finanziarie, per tenere in vita un’impresa vincente come la cultura, una matrice comune al patrimonio immateriale di imprese e cittadini che alimenta l’immaginazione e, conseguentemente, la crescita e la ricerca.

Mentre i nostri manager si affannano a produrre master sull’innovazione, chi ha studiato la biologia e la natura dell’Uomo sa che lo sviluppo delle sinapsi passa dalle immagini; l’innovazione è possibile solo se si sviluppa immaginario intelligente attraverso arte visiva, musica e teatro. Ne abbiamo immagini intelligenti in Italia? Chiedo per un amico.

Certo non basta portare calzini bianchi al Colosseo, bisogna produrre nuova cultura monumentale, pubblica e privata, e inserirne le pratiche nei processi sociali, economici, politici e produttivi. Bisogna evolvere ogni santo giorno perché l’arte è un’urgenza espressiva di narrazione alchemica e metaforica del nostro sé, del nostro tempo, dei nostri desideri. L’arte è evolutiva e contemporanea da sempre e per sempre, oppure è retorica e, in quel caso, non solo è inutile ma è un pericolo estremo perché nasconde e deprime le mille potenzialità immaginifiche inesplorate, non le stimola, le addormenta e le mortifica.

C’è poi il tema dell’economia neuronale, e Draghi lo conosce benissimo. Dai miliardi che l’arte produce ogni anno dal 2003, compreso il 2020, e dalle Leggi giuste che ne intercettano i benefici collettivi culturali e fiscali, tipo quelle tedesche, si ricavano decine di nuovi lavori, centinaia di nuovi articoli sui media internazionali, migliaia di posti di lavoro, milioni di euro di nuovo gettito finanziario per tutti e milioni di viaggiatori colti che ne producono altrettanti perché alzano la media dei giorni di permanenza e, soprattutto, investono sui territori e con gli imprenditori locali (altro che gli influencer); ancora, miliardi di nuove idee e fantastiliardi di neuroni.

L’Italia, con un IVA sull’arte al 22%, questi benefici li regala alle nazioni evolute dove la fiscalità sulle opere e le detrazioni a favore delle imprese che producono e inducono cultura sono molto più intelligenti ed equilibrate, con una media che va dal 4% (Danimarca) al 10% massimo di USA e Germania. A parità di qualità, chiunque conosca il mercato va a comprare dove viene accolto e noi perdiamo sia il gettito fiscale, sia gli artisti, sia il posizionamento, che vale oro, sia l’enorme lavoro culturale che fanno le nostre eccellenti gallerie di ricerca, le uniche a sostenere gli artisti emergenti, sopperendo alla funzione dello Stato. Quando nascono i Leonardo e i Michelangelo vengono scoperti in Italia e nutriti all’estero. Poi non vi lamentate di trovarli al Louvre.

Draghi questo lo sa bene, è un collezionista di vecchissima data e di enorme preparazione (credetemi sulla parola, i collezionisti – quelli veri - hanno una marcia in più) e nel suo discorso alle Camere cita la cultura come motore centrale di sviluppo non a caso. Perché uno così non dice né fa niente a caso, sa che esiste una parola sconosciuta all’italiano medio che però nel mondo ti fanno pesare ogni giorno, a ragione: responsabilità.

Fateci pace e uscite dalla comfort zone del già visto; il diversamente detto, il sottaciuto, il non detto ma percepito sono i territori dell’arte ma anche dell’uomo, sono la spinta vitale alla ricerca, al tentativo di comprendere, di esplorare, di errare che, come sappiamo, è umano, appunto. L’arte è fatta della stessa materia del mondo ed è connaturata alla nostra vita. Il metafisico, non a caso, stimola visioni ben più libere e traguardanti di ogni lezioncina accademica. I fenomeni complessi collegati all’arte e ai suoi benefici sono facili da studiare, se si scelgono complici giusti e con track record verificabile; io stesso faccio un WebinBar a settimana con artisti e scienziati per comprendere meglio il rapporto tra arte, paura, pandemia, isolamento ed economia neuronale, e li faccio gratuiti e aperti a tutti, come dovrebbe fare chiunque in un momento grave come questo, invece di strillare contro la politichetta per poi restare indifferenti all’approfondimento culturale e complesso.

Se volete indagare questa meravigliosa complessità con me, con noi o con chiunque produca risultati e veda avverarsi visioni e previsioni, fatelo adesso, è un’occasione tragica e unica al contempo. L’arte è al centro della storia, da sempre, guardatevi intorno. Chi ha lasciato arte dopo il suo passaggio ha lasciato anche un segno indelebile politico, etico e morale nel cuore del mondo, e ha saputo evidentemente comprendere il futuro. Quante altre Roma, Venezia o Firenze avete visto nascere negli ultimi secoli? Semmai, purtroppo, le avete viste morire. Per mano di personaggi senza arte né parte, masaniello assolutamente impreparati che urlano contro il potere e poi, come succede sempre, fanno molto peggio. Perché le competenze distintive ma non esclusive, formattate, isolate dal contesto, sono vitali e non opzionali.

Dunque l’arte contemporanea produce risultati straordinari nonostante la crisi, e questo ci spinge a fare riflessioni su collezionismo privato come bene pubblico, perché oltre il 30% di quei miliardi arriva a settori labour intensive. Noi lo avevamo detto e predetto, visto e previsto ormai da anni, anche nel 2020 nei vari articoli scritti per Artribune insieme ai miei Partner, oltre che nelle proposte al Governo che abbiamo presentato a RavelloLab nel 2019 e nel 2020.

Draghi è stato chiarissimo anche sui gazebo con le primule e li ha bocciati senza remissione di peccati. Pochi l’hanno capito, tranne ovviamente i giornalisti che si occupano di politica e non di carta straccia, come potete leggere nel link qui sopra. E poi l’hanno capito quelli che le informazioni le prendono dagli artisti, la cui mente è molto più aperta e pronta a cogliere le sfumature vitali: l’importanza strategica dei simboli in un momento come questo non può e non deve essere sottovalutata. Come scrissi io stesso il 17 Dicembre 2020 su Artribune, anche Draghi ha spiegato che primule e fiorellini, quando ci sono i morti, cancellano la memoria dell’errore e del dolore e non sono funzionali al vaccino culturale necessario, ai simboli rinnovati attorno ai quali dobbiamo ritrovarci. Inoltre, come abbiamo proposto più volte al Governo precedente (ma siamo andati senza decoder...), abbiamo decine di luoghi storici abbandonati al degrado; basterebbe rinnovarne rapidamente la funzionalità ridandoli così alla comunità per sempre, portandoli a nuova vita per raccontare la nostra storia, a generare aggregazione e identità, e a vaccinarci fisicamente le persone dentro come metafora di insegnamento, di memoria e di protezione da ogni virus, a cominciare dai peggiori di tutti: l’ignoranza e la divisione sociale.

Francesco Cascino


Roma, 19 Febbraio 2021
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