Welcome to Matera - Opera di Giuseppe Stampone per Hotel del Campo (Progetto Matera Alberga)

Double Face / Welcome to Matera è un disegno a penna Bic e mano libera poi scansionato su pellicola incollata a un enorme cartellone al neon, quindi metafora di pannello pubblicitario e insegna da supermercato. È installata all’ingresso della città come un cartello di benvenuti, dove ci sono alcuni dei rioni costruiti da architetti importantissimi del Neorealismo dopo l’esodo dai Sassi del 1952, quartieri che diventano simbolo appunto di quell’esodo e della città reale oltre la narrazione retorica dei Sassi come cartolina. Scorrendo puoi vedere tutte le meravigliose immagini, i dettagli, il processo, e puoi leggere il testo che ho scritto per l’opera.

Qui puoi vedere l’intervista a Giuseppe Stampone.
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La sera dell’Opening a Febbraio 2019

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Le visite all’opera, le scuole, i cittadini

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Giuseppe Stampone con sua moglie, l’artista Maria Crispal

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Il making of e l’installazione

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Il testo e il concept dell’opera

Double Face / Welcome to Matera

A cura di Francesco Cascino

Testo per Double Face / Welcome to Matera, opera di Giuseppe Stampone ideata e installata nell’Hotel del Campo di Matera per il progetto Matera Alberga (Matera Capitale Europea della Cultura 2019).

Aperta dal 19 Febbraio 2019 all’eternità.


La memoria vive silente e profonda per millenni, viaggia su immagini intelligenti, penetra nelle fessure dell’inconscio e mette su casa dove più ferve l’opera immaginifica degli esseri umani. Perciò per essere artisti della propria vita e mettere su casa bisogna avere immaginazione, memoria e attenzione ai sogni, ai bisogni e ai desideri. Anche se non si vedono. Anzi, meno si vedono, più sono importanti, e solo gli artisti sanno dargli una forma. I Sassi di Matera sono stati immaginati prima e costruiti poi da esseri evoluti della civiltà rupestre; artisti ante litteram di qualità eccelsa.

La pietra contiene e trasmette memoria, non dimentichiamolo – a proposito di memoria – ed è il risultato di milioni di anni di sedimentazioni organiche. La stessa sedimentazione di emozioni, informazioni e sensazioni che una civiltà millenaria come quella materana trasmette al mondo e a se’ stessa. Sempre che non intervenga qualcuno a raccontare di presepi, cartoline, selfie, miseria, riscatti e altri dispositivi da spettacolo suggestivo che tradiscono la profonda e preziosa valenza reale delle persone. La storia della città, fatta da centinaia di migliaia di anni vissuti sulla Murgia e poi anche nei Sassi (perché la città – con il suo fiume a fare da elemento unificante - è tutt’uno nonostante la narrazione del Parco archeologico ne impedisca il possesso emotivo), è una storia di arte e sezione aurea che diventano forma urbis, armonia e convivenza, architettura antropologica e voci di dentro che diventano poesia abitabile.

Fatta questa premessa, Giuseppe Stampone ha compreso subito quale frattura ci fosse tra i Sassi e le meravigliose periferie, dove gli abitanti della città vecchia furono costretti all’esodo dal 1952, finché i Sassi non furono trasformati in una città fantasma, e ha deciso di provare a ricomporre questa frattura d’accordo con i proprietari dell’Hotel del Campo, vero e proprio Star Gate, porta d’ingresso metaforica della città verso l’intero agglomerato urbano e gli altri hotel di Matera Alberga. Intero, non solo Sassi e Gravine. A proposito di urbano, poi, ha deciso di descrivere con la sua opera l’agglomerato umano, la verità vera, la realtà reale e regale delle persone ben oltre la narrazione commerciale e svilente dei presepi, le cartoline, i riscatti da una retorica misera che parlano di 20 anni di miseria e dimenticano 700mila anni di civiltà evoluta, intelligente, ricca ed elegante fatta di vasi, ornamenti e decoro che poi diventa arte di vivere vera e propria.

Semmai, quindi, la geniale lentezza dei materani che hanno costruito un alveare, questo sì un termine che produce un’immagine giusta e rende giustizia alla città e ai suoi abitanti, è da riportare all’attenzione del mondo perché tutti gli spettatori del mondo hanno bisogno di riprendersi il loro tempo, osservare e vedere la realtà ben oltre il packaging della comunicazione. Negli anni ’50 i migliori architetti italiani hanno costruito quartieri che ancora oggi sono studiati nelle facoltà di Architettura del mondo. Noi le chiamiamo periferie ma sarebbe il caso di riportarli al centro del dibattito mondiale su abitare, urbanizzare e, soprattutto umanizzare.

Dalla rigenerazione urbana alla rigenerazione umana (e culturale), questo è il tema.

Stampone decide quindi di disegnare la città e la sua reale realtà, quella dei quartieri Spine Bianche, Lanera, Agna, Cappuccini, Rione Pini, Giustino Fortunato, Serra Venerdì, Lamartella, Venusio, San Giacomo, Villa Longo, San Pardo progettati da Aymonino, De Carlo, Quaroni, Piccinato, Olivetti ma usando l’impianto descrittivo ed espressivo canonico da cartolina di chi arriva a Matera e fotografa o dipinge i Sassi perché, inconsciamente, riproduce il processo neuronale di chi li ha costruiti immaginando un quadro bellissimo e armonioso dove vivere.

Solo guardate meglio: la città dell’opera di Stampone non sono i Sassi, sono i luoghi dove gli abitanti dei Sassi sono andati a vivere dopo l’esodo del ‘52.

L’opera è una mimesi perfettamente icastica e fantastica allo stesso tempo, un esempio fulgido di come Pitagora avesse ragione a dire che le geometrie armoniche riproducono fedelmente i numeri della natura e i temi non contano: contano invece le proporzioni, le percezioni, la comprensione sensoriale del mondo. Non a caso Pitagora viene dalla Magna Grecia, da Metaponto, il meta punto di congiunzione tra due mondi, Oriente e Occidente, fisico e metafisico, materiale e spirituale. Quello che c’è nell’opera di Stampone è la realtà reale immaginata e costruita, la realtà di una città fatta di persone, non solo di pietre da fotografare e neanche di vuoti e inabitabili presepi.

Quello che c’è nell’opera di Stampone e che potete leggere da ora e per sempre, è la vera storia dei materani, generazioni di materani passate, presenti e future, oltre gli slogan, le semplificazioni, le icone vuote e ingannevoli molto più del suo disegno a penna Bic, non a caso uno strumento con cui si scrive la storia e si recupera il tempo artigianale di approfondimento ed espressione. Non solo. In quest’opera c’è un messaggio universale, anzi decine. Possiamo costruire città migliori, possiamo smettere di viaggiare per fare selfie e invece entrare in condivisione emotiva con gli abitanti, possiamo comprendere le armonie e farle diventare casa nostra, possiamo non credere più alla pubblicità ingannevole attraverso l’inganno mimetico dell’arte che nutre il senso critico e attiva lo sguardo, possiamo smettere di violentare il paesaggio perché questo entra nell’inconscio e determina felicità o meno, convivenza o meno, accoglienza o meno, incontro o meno.

Da qui si riparte per costruire città intelligenti, accoglienti, armoniche.

Stampone ha disegnato la città alla maniera dei disegni canonici dei Sassi ma trasfigurando il concetto dell’immagine stereotipata per segnalarci, alla sua maniera ironica, colta e raffinata, che dovremmo saper guardare meglio.

L’artista stesso dice: "In questo lavoro voglio togliere i confini politici fra centro e periferia - fra la storia e contemporaneità - fra il dentro e il fuori – e rappresentare una città ibrida dove i Sassi iconici prendono la forma delle strutture architettoniche della periferia. Ci vuole tempo. Bisogna recuperare la propria intimità, sottrarla alla fretta e al pensiero prevalente per avere appunto il tempo di guardare quella cartolina con il giusto tempo se si vuole capire che Matera non è solo l’immagine iconizzata, pubblicizzata e massificata ma è la sua storia, le sue trasformazioni e il suo ampliamento: le sue persone con le loro vite reali. Non esiste una Matera dei Sassi e una delle periferie; non esiste una Matera prima del ‘52 e una dopo il ‘52 o quella della capitale della cultura: esiste semplicemente Matera, e questa visione di apparente città ibrida vuole essere un manifesto utile, spero, alla riappropriazione della propria storia e identità, rinunciando alla visione sequenziale e didascalica di una volontà politica che vuole il villaggio globale – altra narrazione assurda - per poter dettare spazio e tempo. A Matera il tempo del fare e quello del vivere sono dilatati e la doppia faccia della città, nell’opera, altro non è che la capacità di accogliere, convivere e incontrare, cioè la sua unicità universale.”

Per vedere non basta guardare, ci vuole uno sguardo a regola d’arte.


Francesco Cascino


Curatore Matera Alberga – 19 Febbraio 2019

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