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Vincenzo S

Mater, Materia, Metafora e Infinito

A 6 anni vede un documentario sugli aborigeni che stendono pelli di animali su telai per farne tamburi; si fa regalare dal padre un telaio, prende un foglio di carta e glielo stende sopra. Comincia a disegnare. A 7 anni partecipa a una vendita di biglietti per una lotteria a scuola, la vendita di uno dei biglietti gli viene pagato con la prima serie delle 2000 Lire con l’effige di Galileo Galilei (a quel tempo in estinzione) e credendo di essere incappato in una moneta rara, la notte, da solo, si mette a disegnarne una copia per lui identica e la sostituisce con l’originale, mettendola nel mucchio con gli altri soldi raccolti. Il giorno dopo pretende di convincere la maestra che quelle fossero le 2000 Lire vere. Aveva già capito il valore e il significato del simbolo: chi decide quanto vale una banconota, cosa rappresenta, cosa compra.

Perciò la ricerca di VS, siciliano di nascita, romano di adozione, parte da lontano. Forse da un’altra vita, dalla notte dei tempi in cui la materia stessa si è formata.

A ben guardare le sue opere contengono infinito, uno spazio indefinito eppure percettibile dai sensi e dalla visione che ha dei limiti ma non dei confini, cioè contiene luoghi vivibili ma invisibili che si possono esplorare, e quindi scoprire, nella relazione continuativa tra noi e le sue opere. A furia di guardarle si supera la paura di cadere nell’ignoto e ci si ritrova nell’universo, fatto dell’impalpabile idea di infinito ma anche di visibile e percettibile materia.

Perché l’arte non si deve capire, si deve sentire, comprendere, prendere con sé.

Le opere di VS sono il luogo in cui viviamo; le stratificazioni di impasti di stucco e polvere di marmo di Carrara, alternata a pigmenti e altri materiali segreti, si accumulano ritmicamente in maniera combinata.

Ogni segno, forma o potenziale rappresentazione dipinta sulla superficie dell’opera viene schermata da una materia fitta. Tutto ciò che percepiamo nella parte finale di ogni quadro non è altro che un eco delle decine e decine di strati accumulati incastrati dentro un tempo determinato. Usando tutti gli altri campi della superficie su cui posare lo sguardo e farlo proseguire verso il successivo, l’opera diventa anche metafora di memoria, esperienza, fatti della vita che hanno dato forma a quello che siamo, strade da fare e strade già fatte, ignoto che finalmente si riconosce ma non si conosce. Prospettiva significante.

Quindi, oltre che la rappresentazione di rimando fisico e metafisico all’universo, le sue opere ci spingono verso le nostre interiorità. Conoscete un altro modo per guardarsi dentro e fuori allo stesso tempo?

Se vuoi comprare le sue opere dalla sua galleria attraverso la mia mediazione professionale, SCRIVIMI QUI.

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