Arte bene comune

Abbiamo proposto al Ministero dell’Economia di abbassare l’IVA delle opere d’arte al 4% per indurre collezionisti, investitori e appassionati a comprare arte in Italia: un gettito fiscale enorme che tornerebbe sul nostro territorio invece di fuggire e sfuggire come accade ora. I motivi sono molteplici, e non solo economici.
Inoltre l’IVA al 22 considera l’arte come bene di lusso mentre è un bene culturale, lo strumento di lettura del passato e del presente, il dispositivo di interpretazione del proprio sé e del futuro, non un gioiello e neanche un orpello cosmetico. È un enorme valore estetico, quindi filosofico, storico ed emotivo che informa sullo spirito del tempo e su noi stessi.
Per effetto di circolari e leggi che troverete in allegato qui sotto, e dei famigerati meccanismi burocratici italiani, nonché di una tassazione IVA (e non solo) completamente sproporzionata, molti investitori, collezionisti e semplici acquirenti (italiani e non) di arte contemporanea sul territorio italiano, vengono penalizzati oltre misura e, in questo modo, si penalizzano le entrate per l’intero Paese. L’Italia è il terzo o quarto Paese al mondo per acquisti di arte contemporanea, per cui demotivare gli acquisti sul nostro territorio appare davvero fuori luogo.
Ovviamente non ci hanno dato molta retta; la risposta è stata che avremmo dovuto noi portare le prove dell’eventuale aumento del gettito derivante dall’IVA sulle opere. Loro ci lavorano ogni giorno, a noi l’onere della prova. Inveroslimile.
Ero stato invitato a parlare dei vantaggi dell’economia dell’arte e dell’arte nell’economia a PiazzaPulita, la trasmissione di Corrado Formigli su La7, il 7 Giugno del 2012, dove c’erano Ministri e Sottosegretari, ma non hanno capito. Poi ho scritto diversi articoli sul tema.
Leggete questo ultimo articolo del 2021 e i documenti scaricabili qui sotto, e vedrete che l’IVA non è compresa.