La feliCittà: Art Thinking per progettare, costruire, abitare in armonia

imageI Webinar del Venerdì con l’Art Thinking

La feliCittà: Art Thinking per progettare, costruire, abitare in armonia.
Venerdì 3 Luglio dalle ore 14 alle 15,30. Potete prenotare
a questo link.
Webinar & Round Table sul rapporto tra arte, architettura, rigenerazione e urbanistica.

Intervengono:
Antonio Buzzi
Direttore Operativo di Buzzi Unicem
Raffaele Giannitelli
Responsabile Rigenerazione urbana di Arteprima Progetti
Azzurra Immediato
Curatrice di Arteprima Progetti (moderatrice)
Filippo Riniolo
Artista
Andrea Simone
Geografo
Gualtiero Tamburini
Economista ASPESI


Le città oggi necessitano di un profondo ripensamento e di un nuovo legame armonico tra i luoghi e i desideri. È necessario ricongiungere l’intera filiera progettuale ed edilizia con i bisogni degli abitanti ed è urgente farlo attraverso il coinvolgimento dell’arte, come accaduto nelle città rinascimentali affidate ad artisti e architetti, o per i Sassi di Matera generati dall’immaginario collettivo legato alla natura e in grado di realizzare convivenza pacifica per secoli.

Il nostro tempo ci pone dinanzi a grandi criticità e quindi alla necessità di soluzioni intelligenti e creative; è necessario affrontare la sfida del futuro a partire dall’assunzione di responsabilità culturali che stimolino la progettazione e la rigenerazione urbana / umana, per costruire secondo un approccio di valorizzazione degli spazi, guidato da un’arte pubblica che nasce partecipata e diventa simbolo di trasformazione comprensiva, rinascita e reale appartenenza.

L’Art Thinking definisce tale sviluppo come concetto di feliCittà, in cui forma, funzione e contenuto finalmente riflettono il valore dello spazio urbano come luogo di vera identità, di accoglienza, convivenza e incontro. Il webinar di Arteprima Progetti, grazie agli ospiti che interverranno, si concentra su questi temi, focalizzandosi sulla relazione tra arte, edilizia e rigenerazione umana.

L’appuntamento è per venerdì 3 luglio, dalle 14 alle 15.30
a questo link. Il webinar potrà essere seguito sulla nostra pagina Facebook e sui profili FB e LinkedIn dei nostri Founder e Senior Partner.


Concept
Le città nascono per difendersi e operare proprio in situazioni di grandi criticità, assimilabili a quella della pandemia che oggi ci coinvolge tutti. Un tempo le città venivano affidate ad artisti e architetti che, insieme, progettavano immaginando di poter vivere in un’opera d’arte a sezione aurea. In Italia ci sono esempi, come i Sassi di Matera, dove non esistono autori ma immaginario collettivo che prende informazioni dalla natura e realizza un luogo straordinario, un’architettura che diventa alveare, armonia, arte che accoglie e produce convivenza e incontro per seimila anni, senza neanche un giorno di guerra. È il concept di MATERA ALBERGA
realizzato nel 2019 da Francesco Cascino con sei artisti e sei albergatori illuminati.

Quindi cooperare, lavorare insieme, addirittura pensare insieme è un valore enorme che ha sancito nei secoli il primato della città sugli spazi suburbani. Gli attuali amministratori non tengono conto dei bisogni e del sentire comune dei cittadini e guardano alla disciplina urbanistica solo come strumento utile a ingrandire e moltiplicare le scatole dove poi viviamo da soli. Uno sguardo che non comprende luoghi e spazi dove, con gli altri cittadini che condividono il territorio con noi, chi vuole evolvere e produrre palinsesti di opportunità culturali ed economiche di nuova generazione elabora strategie di resistenza e pensieri per il futuro comune.

Appare urgente dunque modificare un approccio finalizzato solo ad aumentare gli spazi, dove le persone continuano ad accumulare e depositare merci e attività solipsistiche e non si preoccupano della città e della qualità dello stare insieme, del convivere, condividere e combattere le crisi sistemiche che si abbattono sulla nostra civiltà.

Come non pensare, inoltre, che far dimenticare il bisogno di una qualità negli spazi che condividiamo e nei quali comunichiamo desideri, sentimenti, ragioni e quindi istanze, è sicuramente di aiuto solo per chi preferisce canalizzare e controllare questi desideri attraverso luoghi imbrigliati e linguaggi mediati. Per questi motivi la ricerca di futuro e cambiamento non deve trovare spazi e forme solo attraverso una comunicazione mediale, giovandosi di questa apparente disattenzione verso i luoghi fisici della nostra esistenza insieme.

La premessa essenziale per operare sul tessuto urbano è prima di tutto una forte consapevolezza di valori e criticità che esso esprime, per cui un fedele e stimolante racconto appare indispensabile prologo a qualunque programma. Proprio il racconto costruito per simboli, emblemi ed immagini è l’elemento fondativo di una capacità di trasformazione urbana reale e positiva. Quando i luoghi dalla loro fisicità si trasferiscono in dati, statistiche e descrizioni si cristallizzano in informazioni cariche di riferimenti e contenuti ideologici che trasfigurano la carne ed il sangue delle persone, risentendo solo di percezioni e idee protese già verso un obiettivo fissato altrove.

La città sembra quindi vivere una drammatica dicotomia narrativa: da un lato il non luogo dei numeri, dei piani e delle infinite possibilità teoricamente tese verso un modello ideale che dovrebbe far star bene tutti, dall’altro il contesto del malessere sociale, di un’edilizia cattiva e maltenuta, degli spazi pubblici inesistenti e devastati; una città descritta come invivibile, non risolta, e perciò da rifiutare in toto.

Tra questi due piani narrativi esiste invece la città reale in cui viviamo, lavoriamo, amiamo, odiamo e da cui a volte ci sentiamo anche protetti. Dobbiamo partire da una narrazione realistica della città; raccontare come stanno le cose qui e adesso sembra essere l’obiettivo primario per intervenire, trasformare e migliorare i luoghi urbani. Il racconto immaginifico, oltretutto, deve essere dinamico, in un continuo movimento che fissa istanti di vita e di spazio da cui partire. Le derive concettuali del post moderno e del decostruzionismo ci hanno portato prima a iconizzare spazi e luoghi immaginati con lo sguardo alla storia, e poi a deporre definitivamente le armi della pianificazione, coinvolgendoci in un generale innamoramento delle accattivanti effigi estrapolate dal caos quotidiano, lette con le lenti un po’ psichedeliche di un globalismo estraniante e in fuga da qui.

Urge un tuffo nella realtà, ma un tuffo dinamico, a occhi spalancati, per valorizzare sul serio i luoghi in cui ci muoviamo e viviamo. Un Nuovo Realismo per l’architettura che consenta una piena immersione nella carne della città, nei suoi muscoli tesi, così da saggiarne l’elasticità e la forza che contengono. Le città d’arte non solo sono ripetibili all’infinito, visto che i migliori artisti del mondo si stanno dedicando proprio a questa pratica, ma necessarie e urgenti. Per agire in questo senso occorre modificare tutta la vecchia strumentazione usata negli scorsi anni per la trasformazione urbana e l’edificazione in generale.

La vecchia filiera contava su pochi attori quali detentori della rendita fondiaria, gli operatori immobiliari/costruttori, gli istituti di credito e la politica. In questo vecchio scenario la rendita fondiaria era il primo elemento della filiera, a cui con il minimo sforzo andava il massimo del rendimento, poi l’operatore con il concorso finanziario delle banche acquisiva aree o diritti edificatori e realizzava immobili che vendeva sulla carta attraverso mutui fondiari che consentivano agli istituti di credito un doppio vantaggio nel finanziare sia l’investitore, sia il compratore finale. La politica, in tutto questo, tentava di regolare il processo garantendo standard abitativi e di servizi adeguati, spesso senza raggiungere l’obiettivo, ma quasi sempre senza coinvolgere identità locali e territori su cui avvenivano le trasformazioni, vissute come uno stravolgimento degli ambiti e valore solo per chi era interno a questa vecchia filiera.

Oggi tutto questo non funziona più, il meccanismo si è inceppato e va ricostruito ex novo, sulla base di esperienze già rodate fuori dal nostro Paese o in realtà più evolute e meno distanti dai bisogni dell’Uomo. Occorre che gli attori si moltiplichino e si specializzino, eliminando la rendita fondiaria dal panorama, riportando le imprese a fare impresa attraverso capacità di organizzazione di risorse e tecnologie innovative, delegando al developer il coordinamento del processo e ai soggetti finanziatori la verifica della sostenibilità delle operazioni. La politica deve riassumere il suo ruolo di soggetto regolatore dei processi e di garante che la valorizzazione avvenga distribuendo benefici a tutto il territorio, migliorandone la qualità della vita, oltre che a ripagare investimenti e lavoro di costruzione delle operazioni. Una trasformazione consapevole inoltre non può prescindere dal coinvolgimento come attori e protagonisti di tutti quei soggetti che con la loro azione creano il valore dell’intervento e lo rendono visibile: dai gruppi di cittadini organizzati, ai sociologi del territorio, agli storici, agli specialisti dei processi di partecipazione, sino ai progettisti urbani e architettonici insieme agli artisti, unici in grado di produrre senso visibile e fruibile e di stimolare consapevolezze e valori identitari negli abitanti.

Naturalmente evitando retorica e folklori passatisti, immagini da cartolina, happening effimeri da gioco di squadra, per fare in modo che abitanti, artisti relazionali, esperti di rigenerazione umana / urbana e operatori culturali coinvolti siano la vera cabina di regia della creazione di spazi valorizzati da un’arte pubblica che nasce partecipata e diventa simbolo di trasformazione comprensiva, rinascita e reale appartenenza.

Su questi temi abbiamo scritto diversi articoli che puoi trovare nella nostra
Rassegna stampa.

Per info contattami qui.
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